La NMPA accusa il DSP di giocare al ribasso aggrappandosi a un cavillo. E si prepara alla battaglia
All’inizio di questo mese, Spotify ha annunciato che avrebbe cambiato il modo in cui calcola i pagamenti dei diritti meccanici per autori e editori musicali negli Stati Uniti in seguito alla ricategorizzazione dei suoi livelli di abbonamento Premium: i nuovi ‘pacchetti’, offrendo ora accesso a musica più audiolibri, dovrebbero avere diritto a una tariffa meccanica inferiore (rispetto ai servizi di abbonamento musicale standard).
L’obiettivo non velato del DSP è riuscire a pagare agli autori una tariffa meccanica inferiore rispetto a quanto farebbe se tali livelli Premium fossero classificati come servizi musicali puri.
L’idea che i servizi “confezionati” dovrebbero avere diritto a una tariffa meccanica inferiore è stata sancita nell’accordo “CRB IV’” (dove CRB sta per Copyright Royalty Board): firmato nel 2022 tra editori e Spotify negli Stati Uniti e riferito al periodo 2023-2027, consentirebbe di utilizzare la riclassificazione dei ‘pacchetti’ con il risultato di ridurre la percentuale del fatturato del DSP che, per legge, deve pagare agli autori e agli editori nel suo mercato più importante.
Ma la NMPA – National Music Publishers Association – starebbe valutando un’azione legale contro Spotify che mirerebbe a annullare la nuova tariffa meccanica ribassata basata sul “pacchetto”.
Non è la prima volta che Spotify e gli autori si scontrano, naturalmente, ma in un’intervista concessa a Tim Ingham di MBW il capo dell’associazione degli editori musicali americani non ha usato mezzi termini, accusando Spotify, fin dal suo lancio negli Stati Uniti tredici anni fa, di trattare costantemente come “servi” gli autori, ossia proprio coloro che ne rendono possibile il business. David Israelite rimarca che questo tentativo del DSP di riclassificare il suo servizio secondo la legge degli Stati Uniti, che comporterebbe una deduzione massiccia in ciò che paga agli autori, è da ritenersi per la NMPA legalmente impugnabile.
Negli Stati Uniti gli editori musicali e gli autori concedono in licenza le proprie opere diversamente dalle etichette discografiche, che operano in un mercato libero e negoziano i dettagli di ogni loro singolo contratto con ogni diverso abbonamento offerto dalle piattaforme. I primi, invece, sottostanno a una licenza obbligatoria (“blanket licence”) che, ogni cinque anni, tre giudici componenti il CRB negli Stati Uniti decidono in base a una struttura tariffaria che resta in vigore per cinque anni.
Israelite afferma che nel più recente accordo la logica dei pacchetti è stata mal digerita dalla NMPA fin dall’inizio.
Per la cronaca, lo scorso novembre Spotify ha iniziato a regalare audiolibri come parte del servizio di abbonamento alla musica, pur senza che il cliente lo richiedesse, con un limite di 15 ore massime di ascolto per la funzionalità-audiolibro. Il 1° marzo, poi, è stato lanciato un abbonamento ad hoc per gli audiolibri a $ 9,99 al mese, affiancato a un’opzione da $ 10,99 per l’attuale Spotify ‘Premium’ con inclusi gli audiolibri: questo è il razionale in base al quale Spotify sta ora sostenendo che il suo nuovo abbonamento Premium musicale si qualifica come un “pacchetto” e, dunque, deve essere remunerato agli aventi diritto con tariffe diverse, con tagli drastici per gli autori.
La NMPA contesta il fatto che, così facendo, gli autori sono costretti ad accorpare le loro canzoni sottostando a una struttura tariffaria preimpostata, e non negoziata ad hoc; eccepisce, inoltre, che su Spotify ad oggi non esiste un’opzione di abbonamento esclusivamente musicale che non includa gli audiolibri di default. Teoricamente, applicando il meccanismo all’estremo, se Spotify decidesse di regalare il suo abbonamento alla musica gratuitamente autori ed editori – che sono remunerati in base a una percentuale sul fatturato – verrebbero pagati zero.
Resta da capire se Israelite e i suoi mandanti, nel combattere questo episodio, arriveranno a contestare legalmente anche la struttura impostata dal governo degli Stati Uniti, che è stata loro imposta.
Fonte: Musicbiz